Guerriglia, carcere e Dostoevskij
Dilma Rousseff, 62 anni, candidata del Partido dos Trabalhadores, è la prima presidente donna nella storia del Brasile. Il suo passato di guerrigliera contro la dittatura militare brasiliana (1964-85), le torture subite in prigione per 22 giorni di seguito, la lotta vinta l’anno scorso contro un cancro linfatico, la grinta di ministra pragmatica dal temperamento duro e esplosivo l’hanno resa una «signora di ferro» alla Margaret Thatcher, ma con un orientamento decisamente di sinistra.
Negli anni ’60 si era arruolata in un’organizzazione marxista che compiva vere e proprie azioni di guerriglia. Arrestata a San Paolo nel gennaio del 1970 e sospettata di essere «la papessa dei guerriglieri», uscì di prigione solo tre anni dopo. A questo punto inizia una carriera politica che, attraverso vari incarichi economici a Porto Alegre, la porta nel 2001 a scegliere il Pt, il Partito de Lavoratori di Lula, e nel 2003 a diventare ministro dell’Energia e Miniere nel primo mandato dell’ex tornitore meccanico. La Rousseff ha tra l’altro guidato il paese verso le prime scoperte dei giganteschi giacimenti di petrolio, non senza (si dice) far piangere col suo stile stakanovista e intransigente il presidente della Petrobras, Jos‚ Sergio Gabrielli.
Nominata braccio destro di Lula nel 2005 e conclamata «madre del Pac» (il colossale programma di accelerazione della crescita brasiliana), è giunta nel febbraio di quest’anno alla nomination del «Partido dos Trabalhadores» come candidata ufficiale alla successione di Lula, arrivato al termine dei suoi due mandati. La brutta avventura del tumore, che le ha fatto usare una parrucca per sette mesi, è ormai alle spalle. La ‘compagna’ Dilma, che negli ultimi mesi aveva rinnovato la sua immagine con chirurgia plastica, lenti a contatto e una pettinatura firmata da Celso Kamura, re dei parrucchieri di San Paolo, è ormai entrata nel ‘Planalto’, sede della presidenza a Brasilia.

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