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Aspettando la liberazione del premio Nobel per la Pace San Suu Kyi, che da vent’anni conduce la sua battaglia di libertà in relativa o assoluta prigionia (vent’anni fra carcere e arresti domiciliari. Quando ci si chiede quali possano essere per i giovani i modelli di riferimento, le donne da portare ad esempio: eccone una) restiamo anche noi in attesa di liberarci dalla nostra infinitamente più comoda e assai meno sensata prigione: quella di chi è costretto ad assistere ai colpi di coda di un regime paralizzato dalla paura di pagare il conto del suo ventennio e nel contempo paralizza il paese. Restiamo incollati agli schermi dei computer, la sera alla tv ad ascoltare schegge di dichiarazioni che parlano, oggi, di “guerra di mozioni”, minacce di “adunate oceaniche”, frenetici contatti per studiare il “salvacondotto”. Terminologia bellica, appunto, per un conflitto che consuma le sue ultime ore tutto dentro i palazzi. Nella notte il governo morente spara i suoi ultimi colpi, distribuisce regalìe. 250 milioni in finanziaria per le scuole paritarie mentre la scuola pubblica muore, per esempio.
Rispetto al quadro tracciato ieri su queste pagine non ci sono oggi molte novità di sostanza: Silvio B. è tornato dalla Corea dove ha insolitamente annullato la rituale conferenza stampa, non aveva voglia di parlare, ed è stato invece assai ciarliero al rientro. Vuole milioni di persone in piazza, ha detto: un’adunata oceanica. Vuole soprattutto, e sono all’opera i suoi legali di fiducia ministro di Giustizia compreso, un salvacondotto che gli consenta in caso di dimissioni di non passare dai tribunali a render conto delle accuse che gli sono mosse. In assenza di scudo Alfano, infatti, le dimissioni lo metterebbero nelle condizioni di un qualunque cittadino. Bossi e Tremonti sono pronti: si approva la Finanziaria e parte l’operazione crisi pilotata. Bersani e Di Pietro hanno presentato la mozione di sfiducia, alla quale il Pdl ha fatto corrispondere nell’altro ramo del Parlamento un’abbastanza grottesca mozione di fiducia. Eserciti schierati, dunque. Fini, nel giorno in cui lo vedremo probabilmente in tv da Fazio con Bersani – pazienza per lo stato di salute di Masi, in guerra di nervi perpetua – ritirerà la sua delegazione dal governo. Da lì in poi il conto alla rovescia. Nervosissimi gli ex colonnelli di An passati armi e bagagli col Cavaliere: in specie La Russa e Gasparri, se ne capiscono le ragioni. Nel Pdl è cominciato il fuggi fuggi. Si mormora che anche Mara Carfagna sia pronta a passare con Futuro e libertà per correre da sindaco di Napoli, leggete il Congiurato. Se Silvio B. avesse bisogno di un segnale ulteriore, ecco: la defezione di Carfagna – per molte ragioni anche personali – segna il momento più basso e più buio.
Vedrete che nel fine settimana terrà banco, come sempre, la tv. Di tutto quel che sta succedendo nel paese al premier sembra interessare solo – dopo la stesura del suo salvacondotto, certo – che si impedisca a Fini e Bersani di andare a “Vieni via con me”. Se anche i milioni di spettatori non fossero 8, alla seconda puntata, sarebbe comunque una platea intollerabile. Bersani e Fini hanno accettato l’invito: se non glielo impediscono andranno a dire quali siano i valori della destra e della sinistra. A prescindere da tutto sarebbe interessante sentire da loro l’elenco, davvero.

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