| Appuntamento l’8 e 9 giugno con cinque quesiti abrogativi. Dalle tutele sui licenziamenti al precariato, dalla sicurezza sul lavoro ai tempi per la cittadinanza: ecco cosa c’è da sapere per orientarsi tra schede e quorum.
L’8 e 9 giugno 2025 saremo chiamati alle urne per esprimere il nostro voto su cinque referendum abrogativi. Questi referendum toccano temi cruciali per la vita dei cittadini e dei lavoratori: i licenziamenti, i contratti precari, la sicurezza sul lavoro e la cittadinanza. Si potrà votare domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Anche gli italiani all’estero potranno partecipare tramite voto per corrispondenza.
Affinché i risultati di ciascun referendum siano validi e le norme proposte per l’abrogazione vengano effettivamente eliminate, sarà necessario raggiungere il quorum. Questo significa che dovrà recarsi alle urne almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto. È fondamentale sapere che il quorum viene calcolato separatamente per ogni singolo quesito, per cui alcuni referendum potrebbero risultare validi e altri no. Un aspetto importante riguarda le modalità di voto e il loro impatto sul quorum: le schede lasciate bianche o annullate concorrono comunque al raggiungimento del quorum, mentre rifiutare formalmente una o più schede al momento della consegna al presidente di seggio fa sì che queste non vengano conteggiate ai fini del calcolo del quorum per quei specifici quesiti. Negli ultimi trent’anni, il quorum nei referendum abrogativi è stato raggiunto in Italia una sola volta, nel 2011.
I quesiti referendari sono stati promossi da diverse realtà: quelli sul lavoro dalla CGIL, che ha raccolto oltre 4 milioni di firme, mentre quello sulla cittadinanza da +Europa, Riccardo Magi, Possibile, Partito Socialista Italiano, Radicali, Rifondazione Comunista e associazioni della società civile. Vediamo nel dettaglio il contenuto dei cinque quesiti:
Licenziamenti illegittimi – Il Jobs Act: Questo referendum (Scheda Verde) chiede l’abrogazione integrale del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, noto per aver introdotto il “contratto a tutele crescenti” nell’ambito del Jobs Act. L’obiettivo è eliminare la disparità di trattamento tra i lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015 in caso di licenziamento illegittimo. Attualmente, chi è stato assunto prima di quella data può ancora beneficiare, in alcuni casi, del reintegro nel posto di lavoro (come previsto dall’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori nella versione modificata dalla legge Fornero del 2012). Chi è stato assunto dopo quella data, invece, ha diritto generalmente solo a una compensazione economica, che varia da un minimo di 12 a un massimo di 36 mensilità in base all’anzianità aziendale. Votando “Sì”, si tornerebbe alla disciplina della legge Fornero per tutti, garantendo lo stesso livello di tutela, il reintegro nei casi di licenziamento disciplinare illegittimo e una maggiore tutela nei licenziamenti collettivi. Nonostante interventi successivi abbiano già mitigato l’originaria rigidità del Jobs Act permettendo il reintegro in alcuni casi anche per i neoassunti, la distinzione normativa rimane. La disciplina dei licenziamenti introdotta dal Jobs Act riguarderebbe circa 3 milioni e mezzo di lavoratori a tempo indeterminato. È una norma che secondo alcuni, come il senatore Filippo Sensi, ha avuto una storia travagliata ma contiene ancora aspetti positivi e rappresenta l’ultimo provvedimento organico sul lavoro. Per questa prospettiva, un referendum su una legge decennale non sarebbe lo strumento più efficace per migliorare la condizione dei lavoratori.
Licenziamenti nelle piccole imprese: Il secondo quesito (Scheda Arancione) riguarda l’abrogazione di alcune frasi dell’articolo 8 della legge 604 del 1966. L’obiettivo è cancellare il tetto massimo all’indennizzo per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, quelle con meno di 16 dipendenti (o meno di 15, a seconda della fonte). Oggi, in queste realtà, il risarcimento massimo è limitato a sei mensilità di stipendio. Votando “Sì”, si eliminerebbe questo limite, lasciando al giudice la libertà di determinare il risarcimento in base al danno effettivamente subito dal lavoratore, senza fissare un tetto. Questa modifica mira a evitare risarcimenti inadeguati, permettere una valutazione caso per caso e allineare l’Italia alle normative europee che prevedono risarcimenti integrali. L’attuale limite si basa sulla volontà di tutelare le piccole aziende in difficoltà.
Contratti di lavoro a termine (Precariato): Il terzo quesito (Scheda Grigia) chiede l’abrogazione di alcune parole dell’articolo 19 del d.lgs. 81 del 2015. Si propone di eliminare le norme che permettono di stipulare contratti a termine senza una “causale”, cioè senza doverne giustificare il motivo, per i primi 12 mesi. Attualmente, la causale è obbligatoria solo se il contratto supera l’anno. Votando “Sì”, l’impresa sarebbe sempre obbligata a indicare la ragione che rende necessario un contratto precario anziché uno a tempo indeterminato, anche per periodi brevi. L’obiettivo è contrastare il precariato, evitare l’abuso di contratti a termine senza motivazione, proteggere i lavoratori dalla precarietà continua e rafforzare il principio che il contratto standard debba essere a tempo indeterminato.
Appalti e sicurezza sul lavoro: Il quarto quesito (Scheda Rosa) propone l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del d.lgs. 81 del 2008. L’obiettivo è rendere il committente responsabile in solido in caso di infortuni subiti dai dipendenti delle imprese appaltatrici e subappaltatrici. Attualmente, la responsabilità del committente è spesso limitata ai rischi “generici”, escludendo i rischi “specifici” dell’attività dell’appaltatore, e il lavoratore infortunato può chiedere risarcimento solo alla sua impresa diretta, non al committente dell’opera generale. Votando “Sì”, si eliminerebbe questa limitazione, consentendo ai lavoratori e alle loro famiglie di rivolgersi anche al committente per ottenere il risarcimento. Questa modifica mira a imporre ai grandi committenti di vigilare maggiormente sulla sicurezza e a semplificare le cause legali per ottenere il giusto risarcimento. L’obiettivo è aumentare la responsabilità per limitare incidenti e morti sul lavoro. Alcuni esponenti politici, anche all’interno del PD, hanno dichiarato di voler votare “Sì” su questo quesito.
Cittadinanza italiana: L’ultimo quesito (Scheda Gialla) chiede di modificare l’articolo 9 della legge 91 del 1992 per dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale necessario per richiedere la cittadinanza italiana da parte degli stranieri extracomunitari maggiorenni. L’obiettivo è rendere la cittadinanza più accessibile a chi vive stabilmente in Italia da tempo, stimati in circa 2 milioni e mezzo di persone. Ridurre il requisito a 5 anni permetterebbe ai genitori di ottenere la cittadinanza più rapidamente, con la conseguenza che anche i figli minori conviventi la acquisterebbero automaticamente. Il referendum non interviene sugli altri requisiti richiesti, come la conoscenza della lingua italiana, il reddito, l’assenza di precedenti penali, il rispetto degli obblighi tributari e l’assenza di cause ostative legate alla sicurezza. Questa modifica mirerebbe ad allineare l’Italia ai maggiori Paesi europei. Anche su questo quesito vi è un orientamento favorevole da parte di alcuni esponenti del PD.
Per esprimere il proprio voto, gli elettori dovranno recarsi al seggio con un documento d’identità valido e la tessera elettorale. Sono previste modalità di voto per gli italiani all’estero, per chi è gravemente infermo a domicilio e per chi necessita di assistenza in cabina.
Il dibattito su questi quesiti è acceso. Ad esempio, all’interno del Partito Democratico sono emerse posizioni diverse: mentre la linea ufficiale del partito è per il “Sì” su tutti i quesiti, un’area riformista ha annunciato l’intenzione di votare “Sì” solo sui quesiti relativi a cittadinanza e appalti, astenendosi sugli altri tre quesiti legati al lavoro e al Jobs Act. Questo, come spiegato dal senatore Filippo Sensi, riflette sensibilità diverse all’interno di un grande partito e la convinzione che sia necessaria una strategia più ampia sui temi del lavoro, piuttosto che un intervento puntuale tramite referendum su leggi del passato.
Partecipare al voto è un diritto e un modo per esprimere la propria posizione su temi che possono avere un impatto significativo sulla società. Informarsi sul contenuto specifico di ciascun quesito e sulle conseguenze di un voto “Sì” è il primo passo per un voto consapevole. |
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