Pubblico la bozza non corretta del mio intervento letto in Piazza quest’oggi per commemorare le 16 vittime uccise il 16 agosto del 1944 dalle brigate nere.
Ecco il testo:
“Saluto le Autorità presenti qui oggi, le associazioni dei partigiani e quelle combattentistiche, ma soprattutto i parenti delle vittime e i testimoni di questo atroce massacro.
Oggi cade il 66esimo anniversario di questo orrendo eccidio, in cui persero la vita 16 uomini orrendamente fucilati in piazza dalle brigate fasciste che casualmente scelsero questi 16 dai 120 rastrellati a Rio Saliceto, Migliarina e Carpi.
Erano principalmente giovani, insieme non facevano più di 32 anni come media. Erano anni in cui tanti giovani all’ora persero la vita, come testimoniano i cippi sparsi nelle nostre campagne che ricordano il sacrificio di quella generazione che sacrificò la vita per affermare valori come democrazia, pace, libertà, uguaglianza.
La nostra terra in quegli anni si è impastata con il loro sangue, come il sangue dei sedici martiri uccisi 66 anni fa qui in piazza.
Essere giovani, avere 20, 30 anni in genere a quell’età si pensa ad altre cose non alla propria morte,
si pensa a divertirsi, a stare con gli amici, a costruire famiglie, a quell’età ci si pone tante domande, sul proprio futuro, su come sarà avanzare negli anni, si pensa al lavoro che manca, ieri come oggi.
A tutte queste domande, che ognuno di noi si è fatto a quell’età, per loro non ci saranno risposte, perché insieme alla loro vita è stata interrotta la strada che li portava verso il futuro.
La dittatura, la guerra, l’occupazione e la lotta per la libertà quante giovani vite hanno spezzato, quante strade che conducevano al futuro sono state interrotte?
Troppe. Quando qualcuno chiede se dopo 66 anni non fosse giusto e giunto il momento di arrivare ad una pacificazione nazionale, penso di sì, perché i morti sono tutti uguali, ma le responsabilità non sono uguali, c’è chi ha condotto il nostro paese in questo assurdo viaggio fatto di terrore e morte e non potrà mai essere messo sullo stesso piano di chi ha lottato invece per riportare l’Italia sulla carreggiata della Pace, della Libertà della Democrazia
Non potrà mai esistere pacificazione senza questa chiara distinzione e senza essere chiare queste diverse responsabilità.
Giovani vite spezzate, in età nelle quali come dicevo si pensa alla spensieratezza, nelle quali in genere si pensa molto a se e poco a quello che ti circonda, ma qui invece abbiamo visto qualcosa di diverso, qualcosa che ha spinto migliaia di ragazzi e ragazze a fare una scelta di campo, di lottare, di assumersi il rischio di morire per una comune causa, per un bene più alto.
Un modo di vedere le cose estremamente diverso da quel motto Mussoliniano del “me ne frego”,.
Qui il moto resistenziale e di ribellione è stato alimentato esattamente dal suo opposto, dal “Mi interessa”, dal “mi impegno”, perché era chiaro soprattutto qui in queste terre dove la solidarietà tra lavoratori, contadini, braccianti era la leva su cui reggevano i rapporti sociali, dove “uno non poteva stare bene fino a quando i suoi vicini non fossero stati bene anche loro, insieme a lui”.
Mettere in gioco la cosa più preziosa che una persona ha, la propria vita, perché i suoi vicini, la sua comunità, possa stare meglio, possa vivere in pace, in libertà, questo credo sia l’esempio più alto di questo modo di vedere le cose.
Un popolo ha sostenuto il movimento resistenziale, perché era una comunità che si ribellava a troppi anni di terrore e troppi anni di lutti.
Questo lo spirito della nostra gente, questo è il nostro spirito, lottare perché tutti stiano meglio, e solo stando uniti, capendo quali sono le sfide da affrontare, guardandole diritte negli occhi, mettendoci a braccetto gli uni a fianco degli altri, queste sfide le abbiamo sempre vinte. La lotta di liberazione è l’esempio più alto, ma le lotte per i diritti dei lavoratori, e per il lavoro; i sacrifici compiuti per fare di Carpi una delle città più ricche, più belle d’Italia e d’Europa, hanno visto una comunità andare unità verso queste sfide, e vincerle.
Il “mi interessa, mi impegno” hanno prodotto esempi di socialità forte, hanno reso forte la nostra comunità, come ho detto ci hanno permesso di vincere tante sfide.
66 anni fa qui, in questa piazza veniva compiuto uno degli atti più atroci ed insensati durante l’occupazione nazi-fascista, venivano sacrificate 16 vite, ma questo atto di terrore, come gli altri che furono compiuti non riuscirono ad intimorire a far piegare la testa alla popolazione, anzi contribuì all’espandersi della partecipazione attiva e al sostegno alla lotta di liberazione, perché questo?
Perché qui il sentimento di comunità, del fatto come ricordavo, che per stare bene io deve stare bene quello che ho a fianco , è parte del nostro DNA, del nostro codice genetico, del nostro modo di vedere le cose.
Il ricordare, il non dimenticare è una nostra missione, il rendere onore a queste vittime, come a tutte quelle che hanno combattuto e reso onore, all’Italia, riportando la libertà, la democrazia, la pace , deve essere una missione, un impegno che le amministrazioni che ci hanno preceduto come quelle che seguiranno dovranno mantenere e diffondere, è per questo che Carpi ha lanciato ormai da anni il progetto memoria, perché ricordare è importate, ma insegnare a chi non ha vissuto, a chi non ha avuto un nonno, un parete che ha raccontato, bisogna spiegare, perché le cose che sono successe non debbano mai più riaccadere.
Perché il “me ne frego” non prenda mai il sopravvento sul “mi interesso, mi impegno”, ed oggi il lavoro da fare è più duro, la cultura che si sta diffondendo, va nella direzione opposta.
Se un sindaco di un piccolo comune del Nord, decide che mettere a pane e acqua, dei bambini in una mensa scolastica comunale, che come unica colpa hanno il fatto di avere genitori in cassa integrazione o licenziati, e questi non abbiano più i soldi per pagare la mensa, oltre a chiedermi che colpa ne hanno i bambini, oltre dirmi che queste cose vanno condannate sempre,
mi faccio una domanda e mi do una risposta cruda, se quel sindaco lo ha fatto è perché è certo di avere il consenso tra la gente, e la risposta cruda è che è esattamente così, quindi viene meno quel concetto di solidarietà, e si fa forte il motto “me ne frego”, viene sconfitto il “mi interesso”
Se è normale che “alcuni vecchietti sfigati” come sono stati definiti personaggi che hanno cercato di mettere le mani su affari, appalti, pezzi dello stato, vadano avanti nella indifferenza generale, significa che il corpo vivo della società è stato narcotizzato, o peggio che il “mi interesso” è stato sopraffatto dal “non mi interessa”, se è normale che la battaglia politica si compia attraverso la produzione di dossier, calunnianti e diffamatori, e non sullo scontro tra idee e progetti, significa che abbiamo toccato il fondo.
Attenzione però, perché il sentimento comune che si registra come reazione a questi fatti è il chiudersi in casa, il disimpegno, è mettersi volontariamente fuori gioco, ci portano a pensare che “l’importante è che stia bene io e la mia famiglia”, è questa è la morte civile di una comunità che ha sempre fatto affidamento su tante spalle su cui appoggiarsi, in una rete di solidarietà diffusa e larga che va ben oltre la propria famiglia, quindi a queste crisi non dobbiamo rispondere in questo modo, perché l’avrebbero vinta, a questa crisi si risponde rimettendo al centro quello spirito che ci ha fatto superare tutte le difficoltà, rinnovando quindi quel “mi interesso, mi impegno”
Oggi la nostra comunità è minacciata da questa cultura che sta avanzando e dalle difficoltà in cui stanno mettendo gli enti locali, che sono l’espressione più diretta e plastica, sono la fotografia della città dei suoi bisogni e delle sue aspettative, una comunità che ha sempre trovato nelle amministrazioni per questo motivo degli interlocutori attenti e delle risposte pronte alle esigenze.
Oggi gli enti locali sono a rischio chiusura, solo il nostro Comune dovrà fare tagli sul proprio bilancio per il 2011 di 6milioni di euro, il che significa chiudere, i servizi, non riuscire a mettere al centro la formazione, scuola, iservizi sociali, e l’assistenza.
Accusano gli enti locali di essere luogo di sprechi, invece sono il luogo dei servizi, quelli che hanno permesse alle donne di lavorare, e penso alla rete degli asili nido, alle strutture per gli anziani, gli enti locali sono stati il luogo in cui sono nate politiche di assistenza come un diritto, sono stati il luogo in cui le città, Carpi prima fra tante, hanno sperimentato un welfare locale, che ha permesso alla nostra comunità di essere socialmente forte, e di creare sviluppo e ricchezza, coniugando questi sempre non con lo spirito egoistico che in genere porta, ma saldandoli con parole come, solidarietà, socialità e libertà.
Ecco oggi sono minacciati gli enti locali, ma insieme ad essi sono minacciati i servizi che questi erogano, e quindi è minacciata alla base la colla che ha tenuto insieme in anni anche difficili la comunità e con lei la città.
Ci dicono che questo serve per far sprecare meno i comuni e le regioni, e ce lo dicono mentre fanno un nuovo ministero, quello del turismo, che costa più di 100milioni di euro, o mentre spostano dei finanziamenti previsti per la sistemazione delle arginature del Secchia e del Panaro verso il bilancio di un comune come quello di CATANIA.
Siamo di fronte ad una comunità minacciata, culturalmente e concretamente, in cui si rimane sempre più soli ed isolati, dove sempre più cittadini chiedono aiuto all’ente locale, ma l’ente locale è svuotato dagli strumenti e dalle risorse trova sempre più difficoltà a rispondere prontamente a queste domande.
Si è diffusa una cultura del “l’importante è il mio orto, l’importante è che io stia bene” la versione moderna del “me ne frego”, oggi il pericolo è che questa cultura avanzi e preda il sopravento anche qui, all’ora prediamo un impegno, che la pianta della democrazia, della libertà, della pace, della uguaglianza, che è stata piantata il 22 aprile del 1945, dopo tanti sacrifici e lutti, come quello che stiamo ricordando oggi, ha bisogno perché non appassisca che giorno dopo giorno venga innaffiata, venga coltivata, venga curata, prendiamoci l’impegno all’ora che gli insegnamenti che i caduti per la libertà ci hanno insegnato non cadano nel vuoto dopo 66 anni,
Prendiamoci l’impegno di non arrenderci mai, che resisteremo oggi come all’ora al “me ne frego”, che la memoria, sia un valore da alimentare ed insegnare ai nostri figli e ai nostri nipoti
Dopo quel tragico 16 agosto del 1944 in cui persero la vita
1. Aguzzoli Arturo
2. Artioli Augusto
3. Biagini Aldo
4. Braghiroli Agostino
5. Brunatti Remo
6. Bulgarelli Enzo
7. Corradi Dino
8. Del Bue Martino
9. De Pietri Umberto
10. Grisanti Fernando
11. Iotti Costantino
12. Lusvardi Walter
13. Rabitti Pierino
14. Rossi Fermo
15. Storchi Avio
16. Zanotti Giuseppe
Carpi prese un impegno, quello di non dimenticare, Proclamando sacra la piazza nel nome dei cittadini trucidati il 16 agosto 1944,
a 66 anni di distanza rinnoviamo anche oggi questo impegno, sapendo che solo stando uniti, gli uni a fianco degli altri il “me ne frego” nelle sue diverse sfaccettature, antiche e moderne, non vincerà e non tornerà.
Vi voglio salutare con una poesia di Ungaretti, che secondo me riassume in poche parole che cosa significò la resistenza e il sacrificio di tanti,
Ungaretti scrisse:
“ Qui vivono per sempre
gli occhi che furono chiusi alla luce
perché tutti li avessero aperti
per sempre alla luce.””













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